IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Letti  gli  atti  del  proc.  pen.  n.  1/93  a carico di Espinoza
 Gustavo;
                             O S S E R V A
    1.  -  Alle ore 16,30 circa del 31 dicembre 1992 in Lucca, Gustavo
 Espinoza, cittadino spagnolo senza fissa dimora in Italia,  attingeva
 Lucchesi  Annetta  con plurimi colpi di coltello al collo e al volto,
 provocandone la morte. Il predetto subito inseguito da  un  passante,
 testimone  oculare  del  fatto,  veniva bloccato con l'ausilio di una
 pattuglia della polizia postale e tratto in arresto  nella  fragranza
 del reato di omocidio.
    Convalidato  l'arresto  e  disposto il mantenimento di Espinoza in
 stato di  custodia  cautelare  in  carcere,  si  procedeva  ad  esame
 necroscopico,  che  conferma  essere  stata  cagionata  la  morte  di
 Lucchesi Annetta da "asfissia acuta da inondazione  delle  vie  aeree
 polmonari  da  parte  di sangue proveniente da grossi vasi del collo,
 per recisione contemporanea di questi e della trachea per  ferita  da
 scannamento".  Si  procedeva  infine  a  indagine  psichiatrica sulla
 persona di Spinoza in dipendenza della quale  si  apprendeva  che  il
 predetto, al momento del fatto, si era trovato in stato di infermita'
 mentale (psicosi schizofrenica con intuizione delirante di minaccia e
 reazione  impulsiva)  tale  da abolire totalmente la sua capacita' di
 intendere e di volere. All'esito  di  una  articolata  relazione,  lo
 specialista concludeva evidenziando l'attualita' della patologia e la
 pericolosita'    sociale,   in   senso   propriamente   psichiatrico,
 dell'indagato.
    2. - Le risultanze esposte  portavano  il  p.m.  a  concludere  le
 indagini  preliminari  con  richiesta di archiviazione degli atti per
 difetto  di  imputabilita'  contestuale  applicazione  di  misura  di
 sicurezza  (6  febbraio  1993).  Questo  ufficio  dissentiva,  per le
 ragioni  e  piu'  riprese  esplicitate  in  atti,  da  una  soluzione
 siffatta,  ritenendo  necessaria l'attivazione dell'iter procedimento
 destinazione a culminare nella declaratoria ex art. 425 del c.p.p.
    E pertanto, applicata provvisoriamente a  Espinoza  la  misura  di
 sicurezza  del  ricovero  in  o.p.g.  (anche  in esito alle pressanti
 segnalazioni della direzione sanitaria della  casa  circondariale  di
 Lucca), disponeva affiche' fosse formulata l'imputazione.
    3.  -  Nelle more, e' intervenuta la Corte costituzionale, che con
 sentenza n. 41 del 10 febbraio 1993  ha  dichiarato  l'illegittimita'
 dell'art.  425, comma primo, del c.p.p. nella parte in cui stabilisce
 che il giudice pronuncia sentenza di non  luogo  a  procedere  quando
 risulta evidente che l'imputato e' persona non imputabile.
    Per   effetto  della  citata  pronuncia,  posto  che  si  appalesa
 improponibile qualsivoglia  tentativo  volto  a  supervalorizzare  il
 provvedimento  di  archiviazione mediante attribuzione a questo di un
 contenuto di accertamento  diverso  da  quello  tipicamente  previsto
 dalla  legge  (cfr.  Cass.  sez.  sesta,  23  marzo  1991, Monti), si
 imporebbe,  nel  caso  concreto,  l'espletamento   di   una   udienza
 preliminare  destinata  a  concludersi  con  il rinvio di Espinoza al
 giudizio della corte d'assise. E cio' nonostante che, come detto, sia
 rimasta assodata, da un lato,  l'attribuibilita'  del  fatto  al  suo
 autore  sotto  un  profilo  materiale  e  volitivo (e' sufficiente in
 proposito la lettura del verbale d'arresto e della relazione  medico-
 psichiatrica),  dall'altro,  e  risolutivamente, il difetto totale di
 imputabilita' dello stesso.
    Impossibilitato  quindi   a   concludere   il   procedimento   con
 declaratoria  di  n.l.p.  ai  sensi dell'art. 425 del c.p.p. non puo'
 questo ufficio neppure ricorrente alla regula juris ex art.  129  del
 c.p.p., che non contempla tra le iptesi di immedianto proscioglimento
 il difetto di imputabilita' del reo.
    4.  -  Orbene, atteso l'"annullamento", in parte qua, del disposto
 ex art. 425, comma primo, del c.p.p., diviene dubbia la  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  129 del c.p.p. in relazione agli artt. 3 e
 101  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui   dopo   l'esercizio
 dell'azione  penale,  non  consente  al  giudice,  che  riconosca che
 l'autore del reato e' persona non imputabile, di dichiarare d'ufficio
 con sentenza una simile ipotesi di non punibilita'.
    Invero la Corte costituzionale, nel motivare  la  declaratoria  di
 illegittimita'  dell'art.  425  del c.p.p., ha fatto riferimento alla
 ricostanza che alla sentenza di n.l.p. per difetto  di  imputabilita'
 farebbe seguito, nella maggiore parte dei casi, l'applicazione di una
 misura    di   sicurezza   discendente   da   un   "accertamento   di
 responsabilita' che si fonda solo sull'etereo presupposto  della  non
 evidente  infondatezza dell'addebito"; e dunque ha concluso nel senso
 suddetto evidenziando che,  altrimenti,  la  persona  non  imputabile
 verrebbe  ad  essere  "per cio' solo privata del dibattimento e della
 conseguente possibilita' di esercitare appieno il diritto alla  prova
 nel merito della regiudicanda".
    La  soluzione  -  ad  avviso di questo giudice - si giustifica sul
 presupposto della natura solo processuale delle valutazioni demandate
 al g.u.p. in ordine al fondamento dell'ipotesi accusatoria, in  vista
 dell'esigenza di eliminare in radice solo "imputazioni azzardate".
    Al  cospetto,  peraltro,  di una situazione dimetralmente opposta,
 quale e' quella che connota il caso dei specie, in cui e' evidente la
 prova  delle  responsabilita'  dell'imputato,  sembra  incontestabile
 l'inestensibilita' dell'assunto.
    Imporre  il rinvio a giudizio della persona non imputabile e' cosa
 che, in una simile situazione, travalica i confini della logica  piu'
 elementare,  e  soprattutto non puo' trovare fondamento nell'esigenza
 di pieno contraddittorio per la prova della regiudicanda (che per  la
 sentenza  n.  41/1993,  con apprezzabile sensibilita', ha ritenuto di
 dover evidenziare), dal momento che la ricostruzione di questa, sotto
 il  profilo  storico-fattuale,  e'  del  tutto  pacifica.   Di   piu'
 inibendosi   la   possibilita'   di   un  proscioglimento  anticipato
 dell'imputato, ed esaltandosi, per contro, l'esigenza di garantire il
 contraddittorio pieno del predetto nel merito dell'accusa anche in un
 caso di evidenza della prova a carico si alimenta una  situazione  di
 stasi  processuale  sostanzialmente paralizzante, venendo in rilievo,
 per il combinato disposto degli artt. 70, 71  e  72  del  c.p.p.,  la
 necessita' di sospendere il processo a tempo praticamente indefinito.
 Invero,  in  un  caso come quello in esame, proprio non si vede quale
 tipo di prova possa seriamente assumersi in vista del proscioglimento
 dell'imputato (art. 70, secondo comma e 71, quarto comma del c.p.p.),
 se appunto  si  eccettua  l'indagine  psichiatrica  in  relazione  al
 pronunciato difetto di imputabilita'.
    Da  tutto  cio'  discende  che  l'art.  129  del c.p.p., nel testo
 attuale, la' dove preclude il giudice di dichiarare con sentenza  una
 simile  situazione  di  evidenza  - giudce che pure l'effettivita' di
 tale condizione sia in grado di apprezzare gia' allo stato degli atti
 -  determina  disparita'  di  trattamento  rispetto  alle   esistenti
 situazioni contemplate nella disciplina generale dallo stesso dettata
 (si  pensi al caso dell'operativita' di una scriminante); ed altresi'
 si   risolve   in   una  ingiustificata  limitazione  della  funzione
 giurisdizionale (art. 101 della Costituzione) dal momento che  impone
 l'espletamento  di  un incombente processuale (l'udienza preliminare)
 destinato ad esaurirsi in un meccanismo scontato di devoluzione della
 regiudicanda al dibattimento, privo di  ogni  contenuto  concreto  di
 giurisdizionalita'.
    Con   buona  pace  delle  contrarie  definizioni  dei  conditoris,
 univoche nell'esaltare la "funzione di decongestione del sistema".
    Non si tratta  allora  di  riprodurre  sotto  diversi  termini  la
 medesima regola di giudizio dichiarata illegittima giusta sentenza n.
 41/1993,  bensi' di evidenziare quegli elementi di specificita' che -
 con riguardo a diverse fattispecie concrete, in relazione alle  quali
 e'   proprio  l'applicazione  del  princpio  fissato  dalla  Corte  a
 risolversi in  probabili  violazioni  di  precetti  costituzionali  -
 impongono di sospendere il giudizio in corso.